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«AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA»

Gli anziani sardi conducono una vita assolutamente attiva: alcuni continuano a lavorare. Per un pastore è normale andare in pensione a 70 anni. I pensionati, composti ma vivaci, vivono della propria casa, passeggiano, leggono e si scambiano pettegolezzi con i vicini: nessuno «sconto sull’età».

Consultando il corpus di interviste a persone longeve, è possibile individuare due principali «segreti del loro successo» a cui fanno riferimento, nonostante gli stessi sardi affermino di non averne alcuno. È tutto estremamente semplice: la loro terra offre il giusto nutrimento fisico e spirituale.


IL CIBO SPIRITUALE

La vita che vivono i sardi autoctoni tocca vari ambiti della società. Inoltre in età avanzata, quando in altre regioni le persone con frequenza rimangono sole, in Sardegna i contatti non si interrompono, ma, al contrario, si rafforzano.

In primo luogo, una partecipazione attiva alla vita sociale: nei piccoli paesi è d’abitudine interessarsi di come va la vita al proprio vicino. L’indifferenza è sintomo di cattiva educazione.

In secondo luogo, l’abitante della Sardegna è coinvolto negli affari dalla sua famiglia, che, nel periodo del pensionamento, si allarga con l’arrivo dei nipoti; se poi si considera il lungo periodo di servizio effettivamente prestato, anche dei bisnipoti.

Infine, i pensionati sardi hanno a che fare con frequenza con i propri coetanei. Gli amici di scuola rimangono spesso tali fino a un’età molto avanzata, e i buoni rapporti fra le famiglie si tramandano come un’eredità di valore da una generazione all’altra.

È difficile stabilire se il temperamento dei sardi sia causa o conseguenza della loro longevità, ma che gli autoctoni siano degli incorreggibili ottimisti è un dato di fatto. Il fine senso dell’umorismo e il modo ponderato di affrontare ciò che si può definire «problema» permettono ai sardi di essere sempre o quasi sempre di buon umore. La resistenza allo stress è un antiossidante naturale unico, che in Sardegna si tiene in grande considerazione e si reputa un tratto del carattere locale.


IL PANE QUOTIDIANO

La base del pasto sardo è semplice: verdure, legumi, qualche latticino, e, con regolarità ma non tutti i giorni, carne e pesce. Il segreto sta nel fatto che, grazie al carattere vulcanico del suolo, ogni prodotto si arricchisce di una dose aggiuntiva di antiossidanti.

Questo riguarda i prodotti spontanei della terra: per esempio, l’uva con cui si produce il vino locale cannonau contiene il doppio di flavonoidi rispetto a qualsiasi altro vino rosso. Il suo miracoloso effetto non si affievolisce neanche con l’allungamento della catena alimentare. La rigogliosa vegetazione che ricopre i pascoli della Sardegna influenza la composizione del latte di pecora e capra. Il latte di capra, che per le sue qualità supera di gran lunga quello vaccino, viene assunto dagli autoctoni più volte al giorno. Il formaggio pecorino, invece, è ricco di acidi grassi essenziali omega 3.

Persino la questione della carne (si deve mangiare o no?), decisamente complessa in un’epoca di fervore generale per la dieta vegetariana, in Sardegna trova una risposta affermativa. È possibile nonché necessario concedersi periodicamente del maialino allo spiedo: in Sardegna questi animali vengono allevati con mangimi naturali… o giungono direttamente dal bosco. Sulle rive del golfo è un delitto rinunciare a un piatto di pasta sarda con vongole fresche al vino bianco. Idrocoltura, vivai per pesci? No, in Sardegna di queste cose non si è mai sentito parlare.

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